Commentario abbreviato:

Tito 2

1 Capitolo 2

I doveri che diventano sana dottrina Tito 2:1-8

I servi credenti devono essere obbedienti Tito 2:9-10

Tutto è imposto dal santo disegno del Vangelo, che riguarda tutti i credenti Tito 2:11-15

Versetti 1-8

Gli anziani discepoli di Cristo devono comportarsi in tutto e per tutto secondo la dottrina cristiana. Che gli anziani siano sobri, non pensando che il decadimento della natura giustifichi qualsiasi eccesso, ma cercando il conforto di una più stretta comunione con Dio, non di un'indulgenza eccessiva. La fede opera attraverso e deve essere vista nell'amore, di Dio per se stesso e degli uomini per amore di Dio. Le persone anziane sono inclini all'irritazione e all'agitazione, quindi devono stare in guardia. Anche se non esiste una Scrittura esplicita per ogni parola o sguardo, ci sono regole generali, secondo le quali tutti devono essere ordinati. Le giovani donne devono essere sobrie e discrete, perché molte si espongono a tentazioni fatali a causa di quella che all'inizio potrebbe essere solo mancanza di discrezione. Si aggiunge la ragione che la Parola di Dio non deve essere bestemmiata. Le mancanze nei doveri rimproverano molto il cristianesimo. I giovani sono inclini all'impazienza e alla sconsideratezza, perciò devono essere caldamente invitati alla sobrietà: ci sono più giovani rovinati dall'orgoglio che da qualsiasi altro peccato. Lo sforzo di ogni uomo pio deve essere quello di tappare la bocca agli avversari. Lascia che la tua coscienza risponda della tua rettitudine. Che gloria è per un cristiano, quando la bocca che vorrebbe aprirsi contro di lui, non trova in lui alcun male di cui parlare!

9 Versetti 9-10

I servi devono conoscere e compiere il loro dovere verso i padroni terreni, con riferimento a quello celeste. Se si serve un padrone terreno secondo la volontà di Cristo, si serve Lui e si viene ricompensati da Lui. Non usare un linguaggio irrispettoso o provocatorio, ma accettare un richiamo o un rimprovero con il silenzio, senza dare risposte sicure o audaci. Quando si è consapevoli di una colpa, scusarla o giustificarla, raddoppiarla. Non mettere mai a proprio uso e consumo ciò che è del padrone, né sprecare i beni che gli sono stati affidati. Mostrare tutta la buona fedeltà per migliorare i beni del padrone e promuovere il suo benessere. Se non siete stati fedeli in ciò che è di un altro, chi vi darà ciò che è vostro? Lu 16:12. La vera religione è un onore per i suoi professori, che dovrebbero adornarla in ogni cosa.

11 Versetti 11-15

La dottrina della grazia e della salvezza per mezzo del Vangelo si rivolge a tutti i ranghi e a tutte le condizioni degli uomini. Insegna ad abbandonare il peccato, a non averne più a che fare. Una conversazione terrena e sensuale non si addice a una vocazione celeste. Insegna a prendere coscienza di ciò che è buono. Dobbiamo guardare a Dio in Cristo, come oggetto della nostra speranza e della nostra adorazione. Una conversazione del Vangelo deve essere una conversazione divina. In poche parole, vediamo il nostro dovere: rinnegare l'empietà e le passioni mondane, vivere in modo sobrio, retto e pio, nonostante tutte le insidie, le tentazioni, gli esempi corrotti, i cattivi usi e ciò che rimane del peccato nel cuore del credente, con tutti i loro ostacoli. Insegna a guardare alle glorie di un altro mondo. Alla e nella gloriosa apparizione di Cristo, la beata speranza dei cristiani sarà completa: Il fine della morte di Cristo è stato quello di portarci alla santità e alla felicità. Gesù Cristo, quel grande Dio e nostro Salvatore, che salva non solo come Dio, e ancor meno come uomo, ma come Dio-uomo, due nature in una sola persona. Egli ci ha amati e ha dato se stesso per noi; e cosa possiamo fare noi se non amarlo e abbandonarci a lui! La redenzione dal peccato e la santificazione della natura vanno di pari passo e fanno di noi un popolo peculiare a Dio, libero dalla colpa e dalla condanna e purificato dallo Spirito Santo. Tutte le Scritture sono utili. Ecco cosa ci fornirà per tutte le parti del dovere e per il loro corretto adempimento. Chiediamo se la nostra dipendenza è tutta da quella grazia che salva i perduti, perdona i colpevoli e santifica gli impuri. E quanto più ci allontaniamo dal vantarci di opere buone immaginarie, o dal confidare in esse, in modo da gloriarci solo in Cristo, tanto più saremo zelanti nell'abbondare in opere buone reali.

Commentario del Nuovo Testamento:

Tito 2

1 

PARTE SECONDA

ISTITUZIONI RELATIVE AI DOVERI DA INCULCARE A VARIE CATEGORIE DI CRISTIANI

Tito 2:1-15

Come contrapposto alle favole giudaiche ed alle pratiche messe innanzi dai cianciatori cretesi, Paolo raccomanda a Tito di dare alle chiese un insegnamento morale sano e pratico circa i doveri della vita quotidiana delle varie categorie dei credenti. Sarà quello il miglior antidoto contro l'insegnamento futile dei seduttori, il miglior mezzo di onorare l'Evangelo dinanzi ai non credenti, e di rispondere al fine della salvazione ch'è la santificazione dell'uomo. Distinguiamo qui due sezioni.

Sez. A. Tito 2:1-10. I doveri da inculcare ai vecchi, alle donne d'età, ai giovani, agli schiavi.

Sez. B. Tito 2:11-15. Una vita santificata risponde al fine ultimo della grazia di Dio.

Sezione A. Tito 2:1-10. I DOVERI DA INCULCARE AI VECCHI, ALLE DONNE D'ETA, AI GIOVANI, AGLI SCHIAVI.

Ma tu esponi le cose che si convengono alla sana dottrina.

In opposizione a quanto vanno cianciando o raccomandando i contradittori, Tito deve esporre nel suo insegnamento - e così pure dovranno fare i presbiteri da stabilire - quel che si confà colla sana dottrina ch'è poi l'Evangelo apostolico predicato di già ai Cretesi. Non basta l'insegnamento dottrinale sulla via della salvezza; conviene ancora insegnare il modo di camminare secondo la verità, di regolare tutta la vita pratica secondo la volontà di Dio. Cotesto insegnamento morale è esemplificato nei v. che seguono. "Svaniranno le cose futili quando s'imparta un insegnamento sodo" (Calvino).

2 Tito 2:2. I doveri dei vecchi.

Che i vecchi siano sobri, rispettabili, assennati, sani nella fede, nell'amore, nella pazienza.

Non adopera qui la parola presbiteri per indicare i vecchi (cf. 1Timoteo 5:1) ma quella più breve di presbiti per non crear confusione con chi era anziano per ufficio sebbene non vecchio. Devono esser esortati a vigilante sobrietà ( νηφαλιος) non solo perchè il vizio del bere copiosamente è frequente nei vecchi, e tanto più doveva esserlo in Creta, ma perchè una tale debolezza non si addice al carattere di un cristiano, e tanto meno se attempato. Torna qui la parola che rendiamo rispettabili come 1Timoteo 3:8, e che altri rende: onorevoli, gravi, onesti. La leggerezza sguaiata dei vecchi disdice alla loro età e fa del reale ai giovani. Paolo vuole che serbino una certa dignità che ispiri rispetto agli adolescenti; o come diceva Aristotele "una gravità dolce e decorosa". Assennati cioè di mente sana, equilibrati, padroni di sè e quindi non schiavi delle loro passioni nè preda di disordinati eccitamenti che li spingano ora in questo, ora in quell'eccesso, come navi senza timone e senza zavorra. La stessa serietà giudiziosa, equilibrata, disciplinata, lontana dall'esaltazione morbosa e dalla teatralità, è raccomandata più volte alle donne giovani ed ai giovani. Era virtù altamente pregiata dai moralisti greci, poichè appariva loro degna di lode la persona di ogni età e sesso che governa la propria vita secondo le aspirazioni più nobili ed elevate della propria natura. Essa è quindi tanto più doverosa in chi gode la luce della verità rivelata da Cristo: Nessuna parola italiana risponde appieno al greco e le versioni portano: prudenti, temperati, savi, circospetti, serii, assennati, di mente sobria, ecc. Sani nella fede... torna a dire: sani quanto alla loro fede, al loro amore e alla lor pazienza. Fede non equivale a dottrina creduta, ma è sentimento e atto del cuore come lo sono l'amore e la pazienza. Tuttavia per esser sana deve aver per oggetto non delle favole ma la verità che ha Cristo per centro. La pazienza è la costanza nella prova. Anche quando non infierisca alcuna persecuzione, i vecchi sono sottoposti all'isolamento, alle infermità che rendono doppiamente necessaria la pazienza nell'aspettare il giorno della liberazione.

3 Tito 2:3-5. Le donne attempate

Parimenti, che le donne attempate abbiano un portamento convenevole a santità.

Anche alle donne attempate ci sono doveri speciali da inculcare, come agli uomini. La parola ἱεροπρεπης qui usata vale propriamente: convenevole a persone che servono nelle cose sacre. Flavio Giuseppe l'adopera parlando dei sacerdoti ebrei che in paramenti sacri vanno incontro ad Alessandro. In 1Timoteo 2:10 Paolo dice più esplicitamente: "come si conviene a donne che fanno professione di pietà", e Efesini 5:3 dice: "come si conviene a dei santi". Anche nel portamento esterno le donne cristiane d'età devono esser simili alle persone che servono in cose sacre. L'età le deve disporre a pensare alle cose di sopra non a quelle terrene; e la santità della vita interna deve manifestarsi al di fuori non solo nelle opere e nelle parole via in tutto il portamento,. nel vestire, nel camminare, nell'atteggiarsi di tutta la persona.

Non siano maldicenti.

"La loquacità è malattia delle donne e la vecchiaia suole accrescerla" dice Calvino. Dalla loquacità alla maldicenza il passo è breve ed il male prodotto nelle comunità dalla maldicenza è tale che si sarebbe tentati di trasferire in italiano tale i quale la parola greca "non siano diaboliche".

nè schiave del molto vino.

Anche senza cader nell'ubriachezza si può fare abitualmente un uso immoderato del vino e sono soggette ad esser dei bevoni le persone d'età quanto i giovani, se non forse più di loro. Quanto è detto del vino è applicabile, con maggior ragione, ai liquori che al tempo di Paolo non erano stati inventati.

siano maestre di cose buone

o di ciò ch'è bene, colle istruzioni e coi buoni consigli che l'esperienza le mette in grado di dare. Non a sè sole, infatti, devono pensare e il campo ch'è naturalmente aperto alla loro influenza è quello delle loro sorelle più giovani alle quali possono risparmiare amare esperienze e cadute. Quante volte i pravi suggerimenti di vecchie corrotte non hanno essi spinto sulla via della perdizione delle giovani inesperte! I consigli, i sani ammonimenti di cristiane pie e sperimentate potranno giovare invece alla santificazione ed alla felicità di chi li ascolta.

4 affinchè educhino sanamente le giovani ad amare i loro mariti ed i loro figliuoli.

Il testo dei codd. alef A F G H seguito dai maggiori critici porta qui un solecismo: il verbo all'indicativo invece (σωφρονιζουσιν ) che al soggiuntivo come lo è quello di Tito 2:5. Siccome i codd. C D E K L hanno il sogg. può darsi che si tratti di semplice errore di copisti come stimano autorevoli esegeti. Senza consacrare una proposizione speciale alle donne giovani, Paolo traccia qui indirettamente i loro doveri. Devono essere affezionate ai loro mariti ed ai loro figliuoli perchè è questo il primo dovere della moglie e della madre cristiana, ed è condizione del retto adempimento di altri doveri.

5 ad esser assennate,

sanamente giudiziose nella lor condotta,

caste

o pure nella lor vita coniugale.

date ai lavori domestici,

occupate attivamente nelle faccende di casa come la donna virtuosa di Proverbi 31. Tale il senso dell'insolito οικουργος (lavoratore in casa) che parecchi Msc. portano invece del più comune οικουρος (casalingo). Unendo a questo l'agg. buone che segue, alcuni rendono: "buone massaie"; ma sono due aggettivi coordinati.

buone

verso le persone di casa, in ispecie verso i servi; buone verso quei di fuori, in ispecie verso gli afflitti, i poveri e gl'infermi. Molto balsamo possono versare sulle ferite le mani di una donna penetrata di bontà cristiana.

sottomesse ai lor proprii mariti.

È questo il primo dovere che l'apostolo traccia alla moglie in Efesini 5:22; Colossesi 3:18. In 1Corinzi 11; 1Timoteo 2:11-15 indica le ragioni speciali su cui si fonda la doverosa subordinazione cella moglie al marito. Qui chiude con una ragione che vale per tutti i doveri enumerati:

acciocchè la parola di Dio non sia biasimata,

conce succederebbe se chi professa il Vangelo trascurasse i doveri più elementari della vita di famiglia. I non credenti riporterebbero il biasimo dovuto ad una tale condotta sulla parola di Dio stessa, dicendone male quasichè ella sopprimesse o scalzasse i doveri della famiglia. Il pericolo di veder, per colpa loro, vilipeso l'Evangelo stesso, doveva essere un incentivo per le donne cristiane ad una vita irreprensibile.

6 Tito 2:6-8. I giovani.

Esorta parimente i giovani ad essere assennati.

Con una sola parola: sofronein, Paolo traccia i doveri principali dei giovani; ma questa parola abbraccia larga cerchia di doveri. Regolar la vita tutta secondo i dettami di una mente sana include la sobrietà nel mangiare e nel bere, la temperanza nei godimenti e divertimenti leciti; include nel campo delle relazioni sessuali la continenza e la castità poichè il corpo non è fatto per la fornicazione ma per il Signore 1Corinzi 6:13; include la modestia nell'opinione che uno ha di sè Romani 12:3; la moderazione, l'equilibrio, la ponderatezza, la serietà che preservano il giovane dagli entusiasmi subitanei, dagli eccitamenti eccessivi, dai giudizi non misurati, da tutto ciò che esce dalla giusta, ragionevole misura, perchè è frutto d'impulsi o di passioni non tenuti a freno. Un dovere di tal fatta e tanto comprensivo ben si adatta ai bisogni d'un'età in cui sono rigogliose le forze, fervono gl'istinti, ardono le passioni, mentre mancano tuttora la riflessione, e l'esperienza. E si adattava particolarmente ai giovani d'un'isola ove prevalevano le passioni immoderate. La fede nel Cristo col metter l'anima a contatto colla verità e colla vita superiore può dare al giovane credente una maturità ed una forza che non son cosa dell'uomo naturale (cfr.1Giovanni 2:13-14).

7 dando te stesso in ogni cosa quale esempio di buone opere.

L'esortazione di Tito, giovane egli stesso, perderebbe ogni valore se non fosse appoggiata ed illustrata dall'esempio di una vita regolata da un sano criterio; egli sarebbe presto oggetto del disprezzo di tutti Tito 2:15; mentre per contro l'esempio d'un giovane coerente col proprio insegnamento è il mezzo migliore di guadagnare i giovani ad una vita cristiana. Le parole in ogni cosa sono da alcuni connesse col sofronein che precede, ma senza ragioni sufficienti. Tito deve dare in ogni ramo della sua attività l'esempio delle buone opere e, poichè è chiamato ad insegnare, deve in questo ramo speciale condursi in modo da chiuder la bocca a chi è disposto a valersi delle colpe dei cristiani contro il cristianesimo.

[mostrando] nell'insegnamento purezza incorrotta, gravità, parlar sano, incensurabile.

L'integrità o la purezza che Tito deve mostrare nell'insegnamento si riferiscono più naturalmente alla sostanza di esso che non dev'essere inquinata da dottrine estranee o contrarie alla verità, nè da questioni futili, senza pratica e santificante utilità. In un luogo ed in un tempo in cui abbondavano i seduttori e adulteratori del Vangelo apostolico, Tito dovea mantenersi incorrotto nel suo insegnamento. La gravità si riferisce al contegno esterno dell'insegnante cristiano che non è un attore da teatro ma un banditore del messaggio divino.

8 Il parlare si può applicare così all'esposizione pubblica della verità come alle private conversazioni. Deve esser sano per la sostanza e per lo scopo pratico cui mira ed anche nella forma, nella scelta delle parole e delle similitudini non essere condannabile davanti al tribunale della coscienza -

affinchè l'avversario sia confuso non avendo nulla di male da dire di noi.

Tito deve dare il buon esempio ed i giovani lo devono, ciascuno nella sua sfera, imitare, affinchè gli avversari del Vangelo, Giudei e pagani, non possano con verità dir male dei cristiani. Non è questo, per fermo, il solo fine cui debbano mirare, ma il far tacere gli avversarii con una vita irreprensibile è tal vittoria che ridonda ad onor del Vangelo e alla gloria di Dio.

9 Tito 2:9-10. Gli schiavi.

[Esorta] gli schiavi ad essere sottomessi ai loro padroni in ogni cosa.

Vedi per osservazioni generali sulla schiavitù 1Timoteo 6:1-2. Senza discutere l'istituzione in sè stessa, dal punto di vista cristiano, gli apostoli tracciano agli schiavi convertiti la condotta da tenere per glorificar Dio nella loro condizione. Il mostrar ch'essi faranno coi fatti d'essere dello stesso sangue dei loro padroni, dotati delle medesime facoltà, capaci dello stesso sviluppo intellettuale e soprattutto capaci, colla grazia di Dio, di assorgere alle più alte virtù morali e religiose, scalzerà gradatamente i pregiudizii secolari, alimentati dall'egoismo e dall'orgoglio, secondo i quali lo schiavo è di razza inferiore e può esser venduto e comprato e trattato come un bruto dal suo padrone. Due doveri principali dovrà Tito ricordare agli schiavi cretesi: l'ubbidienza e la fedeltà. L'ubbidienza o la sottomissione in ogni cosa ( εν πασιν), nelle cose piacevoli e in quelle sgradevoli, nelle cose utili e ragionevoli come in quelle che non sembrassero loro tali. Il solo limite assoluto all'ubbidienza è quello tracciato da Pietro Atti 4:14: il dovere d'ubbidire a Dio anzichè agli uomini, qualora questi esigessero cosa contraria alla volontà di Dio. La sottomissione però dev'essere accettata come voluta da Dio e prestata non per forza o di mala voglia, ma con amore giulivo:

ad essere compiacenti,

a mostrarsi garbati, cortesi, come chi prende interesse e porta affetto ai proprii superiori. Il testo stefaniano mantenuto dal Tischendorf e da altri congiunge l'in ogni cosa che precede coll'agg. "compiacenti". Però nei passi Efesini 5:24; Colossesi 3:20 ove trattasi di sottomissione delle mogli e dei figli, l'"in ogni cosa" è aggiunto al verbo ubbidire, quasi a completarne il senso. L'opposto della disposizione a compiacere è la disposizione a contradire i padroni, a obiettare, a sollevare difficoltà, a resistere: donde il

non contradicenti.

10 Segue il dovere della fedeltà rispetto ai beni del padrone:

a non sottrar nulla ma a dar prova di perfetta fedeltà.

Sia che avessero l'amministrazione o il semplice maneggio e la cura dei beni dei padroni, gli schiavi erano tentati di sottrarre per uso e profitto proprio una parte di ciò che non apparteneva loro. Abbiamo qui lo stesso verbo che in Atti 5:2-3 ( νοσφιζομαι), verbo che vale: metter da parte per sè, sottrarre usando frode od astuzia. I servi cristiani devono all'incontro, per dovere di coscienza verso Dio, mostrarsi fedeli e probi in tutto, così da meritar la piena fiducia dei padroni. Il motivo che li deve spingere all'adempimento dei loro doveri di ubbidienza e di fedeltà è di natura religiosa:

affinchè in ogni cosa siano l'ornamento della dottrina ch'è di Dio nostro Salvatore.

Un ornamento serve a porre in rilievo, a mettere in piena e bella luce le qualità, i pregi di una persona o di una cosa. Così la vita morale esemplare di persone poste in una condizione sociale umiliante, cresciute in un ambiente saturo di vizii, di menzogna e di frode, eppur redente a vita nuova dalla potenza del Vangelo, servirà a porre in bella e chiara evidenza, dinanzi a tutti, la virtù salutare meravigliosa della parola di Dio. Il veder trasformata non solo la vita esterna ma quella interna dei sentimenti e dei moventi dei loro schiavi dovea persuadere i testimoni di una tal risurrezione che una potenza nuova di vita era entrata nel mondo. Il servire di ornamento alla dottrina ch'è di Dio salvator nostro era tale missione da suscitare nel cuore dell'umile schiavo o schiava una santa ambizione. Più è umile la condizione degli schiavi e più bella è la descrizione fatta della lor pietà". (Bengel). E Calvino dopo aver notato che Dio si compiace di veder la sua verità adorna da creature sprezzate, che non contavano nella società più dei bovi o dei cavalli, soggiunge: "Che se la vita di coloro è ornamento del nome cristiano, si guardino tanto più quelli che sono in onore di macchiarlo colle loro turpitudini".

AMMAESTRAMENTI

1. Dare un sano insegnamento dottrinale annunziando l'evangelo della grazia, ed un sano insegnamento morale che additi la via della santificazione a coloro che hanno creduto, tale ha da essere in tutti i tempi il programma del predicatore. Fede manifestata dalle opere, è sola genuina. Ma nell'insegnare i doveri cristiani, è da evitare un duplice scoglio: quello del trascurare i grandi principii normativi ed ispiratori della vita cristiana, riducendo la morale ad una casistica fatta per degli schiavi o dei minorenni, e quello di tenersi sempre sulle generali senza scender mai ai doveri pratici, positivi, speciali di ciascuna età, di ciascuna condizione. Dare l'orientazione generale è necessario; ma indicare a ciascuna categoria di persone la precisa strada da seguire è ufficio di savia guida. Per tal modo l'insegnamento morale diventa più pratico, più incisivo; ognuno si sente afferrato ed il lievito cristiano giunge a penetrare più completamente tutta la pasta della vita.

2. I credenti uomini e donne che sono giunti ad una età avanzata sono in possesso di certi privilegi: hanno l'autorità degli anni ed hanno acquistato un tesoro di esperienza. Senza dubbio le facoltà e le forze declinano; e col cader della sera crescono le infermità; ma ciò non toglie che una missione sia loro riservata dal Signore: quella di glorificar Dio coll'esempio della, loro fede sana e della lor vita esemplare per gravità, per temperanza, per pazienza, per carità. Possono essere specialmente utili ai giovani col dar loro i consigli suggeriti da una più matura esperienza. Così, portano frutti fino alla canutezza e compiono fedelmente il loro corso.

3. Scorrendo i doveri che concernono le giovani spose e madri cristiane, si sente come il cristianesimo santifichi e sublimi i doveri naturali della famiglia. Non c'è coscienza onesta che osi dir male di una religione la quale insegna alle spose e madri l'amore e la sottomissione ai mariti, l'affetto ai figli, l'attività nella casa, la purezza, la bontà.

4. Il dovere dei giovani è riassunto in una parola: sofronein, che equivale al regolare la vita secondo i dettami di una mente sana, illuminata dall'Evangelo. C'è un esser sani di mente fisicamente come l'indemoniato guarito da Gesù Marco 5:15. Il possedere questo benefizio dev'essere motivo di riconoscenza. C'è un esser sani di mente, giudiziosi, riguardo al mangiare, al bere, al vestire ed in genere ai godimenti leciti; e si chiama sobrietà. Ogni cosa creata ci è data da Dio perchè ne usiamo con rendimento di grazie, ma in misura ragionevole. L'intemperanza nuoce alla salute fisica e morale dell'uomo. Cfr. 1Pietro 4:7 e luoghi consimili ove la sobrietà è opposta alle gozzoviglie, alle ebbrezze, agli sbevazzamenti. C'è un agre con sana mente, con senno, che si applica alle relazioni tra i sessi e si chiama purezza, continenza, castità ed è opposta alla dissolutezza, alle lascivie, alle concupiscenze, all'adulterio, alla fornicazione che piombano tanti nella ruina. Il corpo non è per la fornicazione ma per il Signore e il Signore vuol salvi il corpo e l'anima. C'è un esser sano di mente nel concetto che abbiamo di noi stessi e si chiama modestia. Cfr. Romani 12:3. È virtù rara nei giovani che non hanno provata ancora la loro debolezza e pochezza. C'è un esser sani di mente, moderati, equanimi nel giudizio che portiamo sulle idee religiose, sociali, politiche di altri uomini, o partiti. L'entusiasmo irriflesso, l'eccitazione, l'ubriacatura, l'eccesso nei giudizii, è frequente nei giovani perchè difettano di conoscenza e di esperienza. Il Vangelo può dare loro un retto criterio, una maturità precoce, e servir di zavorra alla loro navicella, senza spegner mai in loro i santi entusiasmi, i nobili ardimenti, le belle iniziative che il mondo potrà forse chiamar pazzie, ma che sono conformi alla più alta sapienza.

5. Il modo migliore di rendere efficaci le sue esortazioni ai giovani ed a tutti sarà per il ministro l'essere a tutti "esempio di buone opere". "Bada a te stesso, dice il Baxter al ministro, perchè gli occhi di molti sono rivolti a te e molti osserveranno la tua caduta. Non puoi commettere un fallo senza che il mondo lo pubblichi ai quattro venti. Le eclissi del sole quando il cielo è sereno non passano inosservate; voi vi date per luminari alla chiesa, e non potete evitare che molti occhi siano fissati su di voi... La luce stessa del vostro insegnamento rivelerà la vostra cattiva vita. Fate dunque l'opera vostra come uomini che sanno di essere osservati dal mondo con occhio avverso che vede sempre il peggio e sa scoprire e divulgare le minime debolezze e valersene". Una vita cristiana sincera se non gli chiuderà la bocca, gli toglierà di mano l'arma più temibile.

6. L'uguaglianza di tutti gli uomini dinanzi a Dio ed alla salvazione, la fratellanza dei credenti proclamate da Gesù hanno già fatto cadere molti errori e pregiudizii funesti. La schiavitù è stata abolita; ma quanti pregiudizii alimentati dall'egoismo e dall'orgoglio separano ancora gli uomini di condizioni sociali diverse! Ad ogni modo, mentre dobbiamo lavorare ad estendere lo spirito di fratellanza, non possiamo sconoscere il fatto che a ciascun di noi è assegnata una condizione quaggiù che potrà esser parzialmente migliorata, ma che dobbiamo accettare come provvidenziale. Una tale condizione sarà sempre meno umile e dolorosa di quella degli schiavi antichi ai quali però l'apostolo dichiara che vivendo vite di ubbidienza volonterosa, rispettosa, vite di bontà e di onestà, essi possono esser l'ornamento e l'onore dell'Evangelo che professano. Dio si compiace di servirsi talvolta delle vite più umili per glorificare la sua grazia. La fedeltà d'uno schiavo cristiano ha fornito alla signora Stowe il soggetto d'un romanzo storico (La capanna dello zio Tom) che scosse la coscienza americana e condusse all'abolizione della schiavitù in quel paese. Una vita che serve ad illustrare davanti agli uomini l'Evangelo di Dio non può dirsi che sia nè oscura nè perduta.

11 Sezione B. Tito 2:11-15. UNA VITA SANTIFICATA È QUELLA CHE RISPONDE AL FINE DELLA GRAZIA DI DIO IN CRISTO.

I doveri di cui in Tito 2:2-10 sono un saggio dell'insegnamento morale ch'è "confacente alla sana dottrina". E infatti il fine ultimo della grazia di Dio manifestata in Cristo è la formazione di vite sante; il fine ultimo del sacrificio di Cristo è la formazione d'un popolo redento dalla potenza del male e consacrato al bene. Inculcando adunque i doveri di una vita santa dopo avere predicata la grazia, Tito non farà che compiere appieno l'ufficio di banditore del Vangelo. Dottrina e morale sono sempre strettamente collegate nell'insegnamento di Paolo. Solo, mentre di consueto egli espone prima la dottrina e poi le conseguenze pratiche di essa, qui ove si rivolge ad un collaboratore che conosce la dottrina ed a cui vuol dare direzioni pratiche, egli espone prima queste, poi accenna rapidamente al fondamento dottrinale su cui poggiano.

Perciocchè è stata manifestata la grazia di Dio che reca salvezza a tutti gli uomini [e] che ci educa,

Diodati ed altri traducono: "La grazia salutare... è apparita a tutti gli uomini". Ma il greco connette strettamente l'aggettivo "salutare" con "tutti gli uomini" e così fanno le versioni moderne. Dopo i tempi della economia preparatoria in cui la grazia salvatrice era bensì promessa Tito 1:2 ma non tradotta in fatti storici visibili, è venuto il tempo dell'adempimento delle promesse e la grazia di Dio ch'è la fonte di tutta la salvazione è apparita, è stata manifestata coll'incarnazione del Figlio di Dio che ha rivelato il Padre, che ha compiuta l'espiazione dei peccati, che ha fondato il regno di Dio.

La grazia di Dio si è manifestata come grazia salutare ( σωτηριος) grazia che reca salvezza compiuta a tutti gli uomini a qualunque nazione, classe, condizione sociale, età, o sesso essi appartengano. Essa li contempla tutti, è offerta a tutti ed è capace di salvare tutti, i vecchi come i giovani, gli schiavi come i padroni. È apparita come grazia che ci educa. Per estrinsecare appieno il suo potere salutare la grazia si fa educatrice del carattere dell'uomo che trova corrotto, viziato dal male innato ed acquisito. L'educare ( παιδευειν) implica l'insegnare la via del bene, il correggere, il castigare e soprattutto l'infondere disposizioni e sentimenti che siano i motori di una vita nuova. Questo fa la grazia col metterci in presenza della croce di Cristo e col creare in noi, per lo Spirito, un cuor nuovo penetrato dall'amor di Dio. La grazia mira senza dubbio ad affrancare il peccatore dalla condannazione, a riconciliarlo con Dio; ma mira a mèta più alta, a fare, cioè, risplendere pienamente nell'uomo l'immagine di Dio, a renderlo perfetto.

12 affinchè rinnegate la empietà e le mondane cupidigie, viviamo temperatamente, giustamente e piamente nel presente secolo,

Molti traducono: "ci ammaestra a rinunziare... ed a vivere...". Preferiamo attenerci strettamente alla forma del greco perchè il verbo παιδευειν (educare) non è mai costruito colla particella ἱνα (affinchè) e perchè ci pare intenzionale questo affermare prima il carattere educativo della grazia, poi il fine preciso cui mira l'educazione divina. Cotesto fine è presentato sotto il duplice aspetto negativo e positivo. Si tratta di rinnegare la vita peccaminosa di prima, caratterizzata con due parole: vita di empietà non solo perchè in molti casi idolatra od atea, ma perchè estranea od opposta alla pietà, negazione pratica del timore e dell'amore dovuti a Dio anche per parte di chi professa di credere in Dio; vita di mondane cupidigie perchè al cuore che non è volto a Dio non restano come oggetto dei suoi desiderii che i beni ed i piaceri di questo mondo. A queste disordinate od impure concupiscenze, non meno che all'empietà, la grazia ci porta a rinunziare 1Giovanni 2:15-17 avviandoci ad una vita più degna dell'uomo. I tre avverbi temperatamente, giustamente e piamente abbracciano tutta la cerchia dei doveri concernenti noi stessi, il prossimo e Dio. Vedi per il concetto della sofrosune cristiana (temperanza e assennatezza) Tito 2:6,4,2. Ben lungi dall'abolire la legge morale, la grazia la innalza a maggior perfezione, somministra nuovi motivi di osservarla e soprattutto da la forza vitale per compierla. Il presente secolo è l'epoca che corre dall'incarnazione fino all'avvento glorioso del Cristo,

epoca di imperfezione, di lotta e di sofferenze per il popolo di Dio.

A questa economia presente di cui non è nota la durata è contrapposto il "secolo avvenire" che sarà inaugurato dalla venuta del Signore. A quell'evento che segnerà il compimento della loro salvazione sono volte le aspirazioni dei credenti.

13 aspettando [il compimento della beata speranza.

Parlando qui come in altri passi Galati 5:5; Atti 24:15; Romani 8:24-25 di aspettare la beata speranza (così lett. il greco), Paolo considera la speranza nel suo oggetto; la beata speranza sono quindi le cose sperate dai cristiani e che li faranno beati perchè appagheranno le loro più profonde aspirazioni. E poichè il compimento della speranza cristiana è indissolubilmente connesso colla venuta di Cristo che segnerà la fine dei mali presenti, la risurrezione gloriosa, il giudicio, e l'avvento di uno stato di cose più perfetto, l'apostolo precisando aggiunge

e la manifestazione della gloria del nostro grande Iddio e Salvatore Cristo Gesù.

C'è una epifania (apparizione o manifestazione) della grazia di Dio quando il Figlio si abbassa per soffrire e per morire; e ci sarà una epifania della gloria di Dio nella persona del Figlio al suo avvento 1Timoteo 6:14; 2Timoteo 4:8; Matteo 16:27. A questa gloria avranno parte i redenti di Cristo (2Timoteo 2:10,12 ecc). "La vita cristiana nella temperanza, nella giustizia e nella pietà è per tal modo fondata sulla fede nella manifestazione della grazia ed è rinvigorita dalla speranza di un'altra manifestazione, quella della gloria (Oosterzee). Colla traduzione che adottiamo, Cristo è chiamato ad un tempo "il nostro grande Iddio" e "il nostro Salvatore". È questa la versione che risponde meglio alle regole ordinarie della lingua (Cfr. 2Pietro 1:11: "regno del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo"; 2Pietro 3:18; Giuda 4 testo em.) poichè se nel primo appellativo si trattasse di Dio Padre e nel secondo di Cristo l'articolo dovrebbe essere ripetuto davanti a "Salvatore" e la frase correre così: "del grande Iddio e del Salvatore nostro Cristo Gesù". Inoltre non si parla mai nel Nuovo Testamento di una "manifestazione" visibile di Dio Padre alla fine dell'economia presente ma sempre dell'epifania di Cristo ch'è oggetto della speranza dei fedeli 2Tessalonicesi 2:8; 1Timoteo 6:14; 2Timoteo 4:1,8. In Tito 2:13-14 non è questione che di Cristo e dell'opera di lui. Se si tratta unicamente dell'apparizione gloriosa di Cristo, si spiega bene l'epiteto di grande Iddio che gli è dato in quanto che egli partecipa dell'essenza divina di cui fa rifulgere le perfezioni. Coloro che applicano le parole "grande Iddio" al Padre, si. fondano sul fatto che occorrono in alcuni casi delle frasi analoghe un po' ellittiche. Es. 2Pietro 1:1; 2Tessalonicesi 1:12. Dicono che Cristo non è mai chiamato 'Dio' nel Nuovo Testamento, affermazione questa che non si può sostenere di fronte a passi come Romani 9:5; Colossesi 1:15-20; Filippesi 2:6-8. Considerate le ragioni pro e contro, concludiamo coll'Ellicott che "è difficile resistere alla convinzione che il testo è una diretta, esplicita ed anche voluta dichiarazione della divinità dell'Eterno Figlio".

14 Il quale ha dato sè stesso per noi.

Paolo usa parecchie volte nelle sue lettere questo modo di esprimere il sacrificio volontario, completo, che Cristo ha fatto di sè, della sua gloria, della sua felicità, della sua vita, per noi. Così Galati 2:20; 1:4; Efesini 5:25; 1Timoteo 2:6. Per noi ( ὑπερ) significa, a pro di noi peccatori, per il nostro bene. Non contiene necessariamente l'idea di una sostituzione del Cristo innocente ai colpevoli di cui espia le colpe; ma il contesto le assegna talvolta quel significato. Es. 1Timoteo 2:6: "diede sè stesso qual prezzo di riscatto per tutti", Matteo 20:28. Cui l'apostolo mira non tanto a rilevare il valore espiatorio del sacrificio di Cristo che ha reso possibile il condono della pena meritata, ma mira a metterne in luce il fine ch'è l'affrancamento dei fedeli dalla potenza del male, e la consacrazione loro al bene. L'opera di Cristo ch'è l'esplicazione della grazia di Dio non può avere altro scopo che quello della grazia stessa. In due modi, l'uno più negativo e l'altro più positivo, è definito il fine morale del sacrificio di Cristo.

affin di redimerci da ogni iniquità.

Redimere o riscattare è liberare mediante il pagamento d'un prezzo di riscatto che in questo caso è il prezioso sangue di Cristo: Matteo 20:28; 1Pietro 1:18; 1Timoteo 2:6. L'iniquità ( ανομια) è propriamente la negazione pratica della legge che vien posta in non cale e trasgredita. "Il peccato è l'anomia, la trasgression della legge", dice 1Giovanni 1:3-4. L'iniquità è qui considerata come la potenza avversa sotto alla cui tirannia gemono gli uomini senza avere in sè la forza di scuoterne il giogo Romani 7. Mediante il suo sacrificio Cristo li libera così dalla pena come dalla schiavitù del male.

e di purificare per sè un popolo che fosse suo proprio, pieno di zelo per le buone opere.

Gli uomini riscattati da Cristo, non appartengono più al peccato, ma a colui che li ha redenti, e formano nella loro collettività un popolo ch'è suo proprio. Tale era stato Israele in mezzo agli altri popoli: un tesoro riposto, un popolo peculiare riscattato dalla servitù e consacrato al servizio del suo Dio Esodo 19:5; Deuteronomio 7:6; 14:2; 26:18. Tale ha da essere l'Israele di Dio che abbraccia sotto al Nuovo Patto i credenti d'ogni nazione. Paolo si serve della stessa espressione ( λαος περιουσιος), adoperata dai LXX nei passi citati più sopra. Ma per esser popolo di Dio bisogna esser purificati dalla sozzura del peccato, cioè non perdonati soltanto ma internamente rinnovati e santificati. Così si appartiene realmente a Cristo e si è nelle condizioni volute per consacrarsi con zelo alle buone opere, per praticarle e promuoverle. Alla formazione di un tal popolo mirava Cristo col suo sacrificio. Chi dunque si adopera affinchè i cristiani lascino il male e siano zelanti per le buone opere fa cosa ch'è in armonia col fine della grazia di Dio ed in ispecie col fine dell'opera di Cristo.

15 Esponi queste cose ed esorta e riprendi con ogni autorità.

Queste cose sono ad un tempo le prescrizioni morali contenute Tito 2:2-10 e le ragioni dottrinali su cui poggiano. Tito deve esporre (lett. parlare, dire) i doveri cristiani e le loro basi per l'istruzione di tutti. Ne hanno bisogno gli ex-pagani che hanno succhiato col latte ben altri principii; e ne hanno bisogno anche i Giudei poichè la morale cristiana è più perfetta di quella dell'Antico Testamento e s'ispira di moventi più perfetti, quali l'amor del Padre e la consacrazione a Colui che s'è dato per noi. Deve esortare poichè anche chi è bene avviato ha bisogno d'essere incoraggiato, sollecitato, spinto innanzi. Deve anche riprendere chi erra o è ribelle al dovere. Tutto ciò, con ogni autorità poichè non si tratta di precetti umani ma della volontà di Dio cui fa eco la coscienza. Tito deve quindi inculcare la morale cristiana coll'autorità d'un ambasciatore di Cristo, colla dovuta gravità e serietà del contegno e della parola e colla forza persuasiva dell'esempio.

Niuno ti sprezzi.

A Timoteo l'apostolo diceva Niuno sprezzi la tua giovanezza 1Timoteo 4:12. Tito non aveva neanche lui l'autorità degli anni, ma doveva fare in modo da meritare il rispetto di tutti per la sua sincerità, imparzialità, pietà, e condotta morale irreprensibile.

AMMAESTRAMENTI

1. Il più alto insegnamento morale è sempre da Paolo fondato sul più alto insegnamento dottrinale e così ha da esser sempre se non si voglia ridurre arbitrariamente la morale ed abbassarne il livello, mentre d'altra parte si lascia l'uomo alle sue proprie forze, incapace di fare quel bene ch'egli pur discerne e di disfarsi di quel male che pur condanna. Senza rinnegare le basi del dovere esposte nella legge: la volontà di Dio creatore che traccia la via alla creatura ond'ella raggiunga l'ideale per cui fu formata, l'Evangelo pone come base ed incentivo al dovere cristiano il fatto nuovo della grazia apparsa per salvar l'uomo dal peccato e ricondurlo alla sua alta vocazione. E si noti: non si tratta di compiere il dovere per meritar la grazia, ma di compierlo perchè la grazia è venuta e ci ha fatto capaci di compierlo. È vano predicar la morale senza annunziar la grazia e la redenzione; ma è del pari monca la predicazione della grazia che non insista sull'obbligo morale del credente.

2. L'Evangelo è qui riassunto in poche parole in quanto ha di più essenziale:

a) Esso è manifestazione di grazia divina. Non siamo noi che abbiamo amato Dio ma è Dio che ha amati noi peccatori.

b) La grazia reca salvezza a tutti gli uomini, d'ogni nazione, d'ogni condizione, anche ai più umili ed ai più decaduti.

c) La grazia è stata manifestata in Cristo il Mediatore della salvazione. Egli è Dio ma, per farsi Salvatore degli uomini, si è abbassato fino al sacrificio volontario di sè, fino a dar la propria vita qual prezzo di riscatto per noi.

d) La grazia libera dalla condanna meritata, il sangue di Cristo espia il peccato umano; ma il fine ultimo della grazia di Dio manifestata in Cristo è l'affrancamento dal male e la, vita santa consacrata al bene. La grazia educa ad una vita conforme al voler di Dio ed il fine ultimo del sacrificio di Cristo è la formazione d'un popolo affrancato dall'iniquità e zelante per le buone opere.

e) Il fine della grazia, se non è pienamente raggiunto quaggiù, sarà raggiunto nel regno della perfezione inaugurato dalla gloriosa apparizione del nostro gran Dio e Salvatore G. C. La vita presente è così posta tra la grazia apparsa in Cristo che dobbiamo ricevere con fede, ed il regno glorioso che salutiamo in isperanza affrettandolo coi nostri voti e preparandolo con una vita che risponda agli intenti del Dio della grazia ed allo scopo dell'opera di Cristo.

3. Quale compendio mirabile di una vita morale integrale si racchiude nei tre avverbi: temperatamente, giustamente e piamente! Senza dubbio tutti i doveri sono doveri verso Dio; ma ciò non toglie che la pietà sia il dovere speciale che abbiamo verso Colui ch'è degno della nostra adorazione, del nostro culto, della nostra fiducia, della nostra ubbidienza, del nostro amore. Quando la morale si proclama indipendente da Dio e cancella la pietà, essa ha perduto il suo sole e la sua vita. Viver piamente verso Dio, giustamente verso gli uomini amandoli in lui e trattandoli come fratelli ch'egli ci dà, viver temperatamente per poter meglio osservar la giustizia verso gli uomini e la pietà verso Dio è tale programma di vita completa, ed armonica, rispondente a tutte le relazioni in cui ci troviamo ed a tutte le aspirazioni che portiamo in seno, da non trovarsene un altro che l'agguagli.

4. Per poter insegnare, esortare, riprendere i suoi fratelli ed anche gli altri uomini, il ministro ha bisogno di una grande autorità morale. Se non giunge ad acquistarla o se per le sue inconseguenze, i suoi difetti, le sue stranezze, i suoi errori, la perde a poco a poco, diventa sterile il suo ministerio. Donde per lui, come d'altronde per tutti i cristiani se vogliono che la lor testimonianza non sia cosa vana e perfino nociva, la necessità di una costante vigilanza sulla propria vita esterna ed interna.

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